“Il caso della Bosch di Bari è emblematico della necessità di sostenere una graduale conversione industriale nell’automotive, che tenga conto delle trasformazioni del settore della mobilità in generale e della crisi del diesel in particolare. Imprese, sindacato e Istituzioni devono fare ciascuno la propria parte, altrimenti rischieremo licenziamenti e chiusure”. Lo dichiarano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile sei settori auto e elettrodomestici, e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari e coordinatore nazionale Uilm del gruppo Bosch.
“Secondo quanto illustrato oggi – spiegano Ficco e Falcetta – presso il MiSe, sic rebus stantibus a fine 2022 nello stabilimento Bosch di Bari avremmo ben 620 esuberi. Ma il dato è suscettibile di modifica per due motivi: in bene ulteriori assegnazioni teoricamente già previste potrebbero ridurre un po’ le eccedenze, in male però un ulteriore calo del diesel potrebbe rendere la situazione ancor più drammatica”.
“Noi chiediamo al Governo – proseguono Ficco e Falcetta – due linee di azione fra loro strettamente connesse: sostenere la diversificazione della produzione, anche con assegnazioni diverse dal diesel, e rallentare le politiche di uscita dal diesel, che oggi risentono di molti pregiudizi. Si pensi ad esempio che il diesel di ultima generazione euro6 emette fino al 15% di emissioni CO2 in meno rispetto a auto benzina paragonabili e che tutt’ora le auto elettriche azzerano il loro impatto ambientale rispetto al diesel solo dopo 90.000 km. Da parte sua alla Direzione aziendale chiediamo un piano più concreto e robusto, tale da azzerare gli esuberi entro il 2022, ultimo anno traguardato dall’accordo sindacale vigente e coperto da ammortizzatori sociali”.
“La Direzione aziendale – riferiscono i sindacalisti – ha peraltro spiegato che oggi, ad impedire alla Bosch di Bari di proporsi per così dire come fornitore globale interno al gruppo, sussiste un tecnicismo fiscale fortemente penalizzante. Su questo ad esempio il Governo deve dimostrare di voler e saper favorire la transizione industriale dal diesel alle nuove forme di mobilità. Inoltre pensiamo che il Contratto di sviluppo possa essere uno strumento utile per sostenere la transizione, ma lo scopo deve essere il vero rilancio del sito di Bari”.
Ufficio stampa Uilm