“Per attenuare il disastro occupazionale, economico e sociale il Governo deve mettere mano a una legge speciale per i lavoratori dell’ex Ilva. Prevedere pensionamenti o altri strumenti legislativi per ricollocamenti occupazionali garantiti dallo Stato. Se non verrà fatto questo intervento si rischiano forti tensioni sociali, che non siamo nelle condizioni di controllare”. Così Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm, al termine della videoconferma sulla vertenza Ex Ilva.
“Dopo mesi di contenziosi legali – dichiara il leader Uilm – e a oltre due mesi dall’accordo tra Governo e ArcelorMittal, dobbiamo attendere ancora altri dieci giorni per la presentazione del piano industriale. Da novembre abbiamo letto di innumerevoli piani industriali, utopici o di difficile attuazione, con società miste ma limitate a determinate produzioni. Un caos che rischia di ripercuotersi sulla vita di 20mila persone e intere comunità, con effetti economici, sociali e ambientali devastanti”.
“Dal luglio del 2019 – sottolinea – ArcelorMittal ha avviato unilateralmente la Cig per 1300 lavoratori, otto mesi prima del Coronavirus. Oggi la situazione del mercato dell’acciaio è complicata ma non tale da fermare quasi completamente gli impianti, bloccare i lavori di ambientalizzazione, la messa in cassa integrazione di 5mila lavoratori, oltre ai 1.700 dell’Amministrazione straordinaria e ai 4mila dell’indotto attualmente a casa senza prospettive”.
“Il vero problema è la mancanza di prospettiva occupazionale e produttiva – aggiunge – Per noi esiste solo il piano previsto dall’accordo del 6 settembre 2018, ad oggi non rispettato da ArcelorMittal, che garantisce tutti i livelli occupazionali, zero licenziamenti, importanti investimenti per ambientalizzazione. Che fine faranno i circa 10mila lavoratori tra i diretti attualmente in cig, indotto e in Amministrazione straordinaria? Non tollereremo nessun passo indietro rispetto alla tutela di ogni posto di lavoro, così come previsto nel 2018”.
“Chiediamo un intervento urgente del Governo – continua – che faccia da garante degli accordi e che si renda conto della situazione drammatica che stanno vivendo migliaia di lavoratori e intere comunità. Non c’è tempo da perdere, si mettano in campo provvedimenti immediati altrimenti non saremo in grado di contenere il rischio di rivolta sociale e degli stabilimenti rimarranno solo le macerie”.
“Come gestiremo questi dieci giorni? – conclude – Ci sono atti concreti che l’azienda deve fare a partire da domani: a Genova il rientro di 650 dipendenti per permettere la rotazione, a Novi ligure devono rientrare lavoratori rispetto ai 30 attualmente a lavoro su 700 totali. A Taranto devono essere riattivati l’altoforno 2, i treni lastri e treno lamiere, gli impianti dell’area a freddo, della manutenzione e dei servizi, con il rientro a lavoro di migliaia di lavoratori. Dall’azienda deve arrivare un messaggio di distensione, altrimenti questi dieci giorni saranno l’inizio di una situazione che può degenerare”.