Il segretario nazionale della Uilm, Mario Ghini, intervistato da Veronica Marino dell’Adn Kronos
Il testo integrale dell’agenzia di stampa
Se questa sera a Palazzo Chigi Alcoa non ferma la procedura di Cig a zero ore che scatterà dal 6 febbraio prossimo “è a rischio l’ordine pubblico”. Lo dicono con certezza Mario Ghini (segretario generale della Uilm) e Marco Bentivogli (segretario nazionale della Fim Cisl, mentre qualche metro più in la’ gli operai continuano a lanciare petardi, suonare all’unisono i loro caschi di plastica per terra e urlare ‘non molleremo mai’. Il rischio, per giunta, sembra essere abbastanza reale perché, spiegano, “siamo pessimisti”, visto che “Alcoa non tiene fede agli impegni, è inaffidabile e ogni volta rilancia subito dopo aver ottenuto” qualcosa di importante, come è il caso delle tariffe energetiche agevolate che, infatti, consentono alla multinazionale dell’alluminio di pagare l’elettricità 30 euro al MW/ora, anziché 60. Beneficio che durerà fino a metà di giugno in ogni caso. La situazione, insistono, “è ingestibile. Porto Vesme, è depauperata di ogni attività produttiva” e lasciare che si chiudano gli stabilimenti “vuol dire voler investire sulla disperazione”. tutto dipende quindi dall’esito dell’incontro di stasera cui prenderanno parte il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e forse anche il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che è anche candidato sindaco a Venezia, oltre ai vertici di Alcoa e ai sindacati. L’ottimismo manca anche per un’altra ragione: Alcoa, infatti, ha detto che non è disposta a fermare la procedura di cassa integrazione fino a quando non ha il via libera della Commissione alle misure che le consentono di beneficiare di tariffe energetiche agevolate. Ma, come è noto, evidenziano, “passeranno almeno altri due mesi prima che Bruxelles si esprima, visto che il 9 febbraio si insedia la nuova Commissione” e servita tempo perché il commissario lavori a regime. Ecco perché i sindacati puntano, questa sera, ad ottenere almeno che tutto resti sospeso fino al momento in cui Bruxelles dirà la sua. Una sospensione che significa innanzitutto niente procedure Cig il 6 febbraio.
Qualcosa, però, secondo i sindacati, non torna. E, infatti, come fanno notare entrambi i sindacalisti, se è vero che il motivo per cui Alcoa vuole chiudere gli stabilimenti in Italia risiede nel costo dell’energia (ritenuto molto più alto che negli altri Paesi Ue), allora per quale ragione afferma di voler fermare tutte le 320 celle (forni dove, attraverso un processo elettrochimico, l’ossido di alluminio viene trasformato in alluminio) il 6 febbraio, dichiarandosi disposta a riaccenderle appena arriva il via libera di Bruxelles? “Riaccendere le celle, infatti – spiegano – costa 3 volte di più che tenerle accese al minimo”. Ecco perchè, i sindacati temono che “siano solo scuse e che in realtà Alcoa voglia chiudere e basta perché ha interessi di altro genere”, come quelli “nei Paesi arabi” Insomma, per i sindacati, il comportamento di Alcoa è “improponibile” e “il governo deve assumersi la responsabilità di trovare la soluzione” perché, scandiscono Uilm e Fim, “anche se Alcoa dice ‘no’, l’esecutivo può trovare altri acquirenti che, a fronte di prezzi agevolati dell’energia, sarebbero anche più invogliati a comprare. Non siamo innamorati di Alcoa – dicono – anche se – rimarcano con fermezza – dopo 14 anni di aiuti e record di utili (che la multinazionale continua a fare anche in questo momento) ci aspetteremmo un comportamento più responsabile da parte dell’Azienda che, peraltro, nel ’96 ha comprato gli stabilimenti dalla gestione Alumix a prezzi davvero stracciati”. Insomma, “ora che ha spremuto i lavoratori italiani ben bene, se ne va? Non è accettabile”.
Ufficio Stampa Uilm
Roma, 2 febbraio 2010