L’incontro di ieri al Ministero dello Sviluppo Economico, per la vertenza Alcoa, è fallito per la completa indisponibilità dell’azienda ad apprezzare anche gli ulteriori vantaggi ottenuti con l’ultimo decreto sull’energia di venerdì scorso, che soddisfano completamente le richieste che lei stessa aveva avanzato.
Per Alcoa pare che nulla sia cambiato e continua a volere la fermata degli impianti, che non sarebbe altro che l’avvio della chiusura definitiva della produzione di alluminio primario in Italia.
Correttamente, anche il Ministero dello Sviluppo Economico, ha ribadito che l’atteggiamento dell’azienda è inaccettabile e ha convenuto sulla richiesta delle Organizzazioni Sindacali della necessità dell’intervento della Presidenza del Consiglio, che è stato fissato per il 5 febbraio.
Rispetto alle obiezioni della delegazione sindacale, sui tempi relativamente lunghi di questo incontro, in particolare rispetto a possibili atteggiamenti dell’azienda rivolti a far mancare le materie prime e a procedere comunque con la cassa integrazione, il Ministero ha chiesto per iscritto ad Alcoa che nel frattempo ci sia il mantenimento della piena operatività degli impianti aziendali, e che “Nel caso di decisioni unilaterali dell’azienda, il Ministero si impegna ad anticipare il previsto incontro”.
Nel mentre uscivano queste richieste, Alcoa ha diffuso una sua comunicazione nella quale annuncia “la prosecuzione del processo di Cassa Integrazione, unitamente a una fermata degli impianti, effettuata in maniera ordinata, che pensiamo di completare entro il 6 febbraio”. Nella prima versione del comunicato, peraltro, l’azienda non fa più riferimento allo stabilimento di Fusina prefigurando le peggiori intenzioni sullo stabilimento veneziano.
Questo è già un atto unilaterale, l’ennesimo da parte di questa azienda che smentisce costantemente gli impegni che prende, e quindi chiediamo al Ministero dello Sviluppo Economico e alla Presidenza del Consiglio di anticipare l’incontro, con l’obiettivo di costringere Alcoa a mantenere l’impegno produttivo in Italia e a garantire comunque in ogni modo la continuità produttiva dei siti di Portovesme e Fusina.
Considerando anche che nell’ultima comunicazione Alcoa scopre definitivamente le sue carte, sostenendo che, oltre alla certezza che le misure del Governo vengano tradotte in legge e ottengano l’approvazione della Commissione Europea, “il prezzo dell’energia elettrica ottenibile attraverso gli strumenti proposti dal Governo non permette di far operare gli impianti in maniera redditizia e, al tempo stesso, di realizzare gli investimenti necessari al miglioramento della loro competitività”.
Tutti coloro che si stanno occupando di queste vicende sanno che queste ultime affermazioni di Alcoa sono false, tante altre aziende sarebbero ben felici di poter usufruire di queste condizioni, l’unico significato plausibile è che Alcoa ha già deciso di chiudere gli impianti, ma questo non possiamo permetterlo.
FIM, FIOM, UILM NAZIONALI
Roma, 27 gennaio 2010