Care delegate, cari delegati,
graditi ospiti,
aprendo l’8° Conferenza di organizzazione della Uilm vorrei ringraziarvi per la partecipazione a questa assise e per il valido contributo che vorrete dare ai nostri lavori.
Le numerose conferenze regionali a cui abbiamo preso parte ci hanno confermato che la Uilm rappresenta un pezzo importante della democrazia e della forza lavoro di questo Paese.
Dal rapporto costante e coerente con i lavoratori metalmeccanici, però, emerge con vigore il momento di crisi che vive l’economia nazionale stretta tra la concorrenza dei mercati asiatici e statunitensi.
I tragici avvenimenti che hanno funestato il mondo più di due anni fa ancora condizionano la crescita delle economie internazionali.
Solo un biennio, ma ci appare come il tempo di una generazione che ha modificato modi d’azione, di pensiero, di confronto.
Qualcuno ci annunciò che tutto sarebbe stato diverso dopo quell’undici settembre.
Era vero.
Sono cambiate le nostre abitudini ed i nostri stati d’animo.
Il bisogno di certezze e di sicurezze è stato infranto da un’inquietudine che si è insinuata fin dentro le nostre case.
Gli effetti del terrorismo non erano più un’immagine devastante osservata alla televisione, ma un qualcosa che poteva toccarci da vicino, privarci di sentimenti e persone care come è poi successo per le vittime di Nassirya.
L’attesa del futuro non ci ha reso fatalisti, ma ci ha trovato diffidenti e guardinghi.
Ci aspettavamo le conseguenze del mercato globale, ma un terrorismo senza frontiere ha aggravato una fase congiunturale che già non prometteva niente di buono.
Di per sé la circostanza che merci, capitali si muovessero in un regime di piena libertà aveva, di fatto, travolto le consolidate strutture finanziarie, industriali, sociali e politiche.
Però, in solo due anni, siamo passati dalle difficoltà di un rilancio ad una stagnazione costante.
L’Italia perde quote di mercato per cause congiunturali, ma anche strutturali,perché non è presente in settori produttivi ad alto contenuto tecnologico;per il calo del tasso di crescita della produttività del lavoro;per la concorrenza dei paesi emergenti nella produzione di beni a media e bassa tecnologia.
Inoltre, la scelta di alcune imprese italiane di spostare le attenzioni dal settore produttivo a quello legato alla finanza, ha portato in alcuni casi al fallimento delle stesse.
I casi della Cirio e della Parmalat hanno provocato una crisi di sfiducia nei risparmiatori pesantemente danneggiati dall’insolvenza delle obbligazioni sottoscritte.
Il Sindacato ha tentato di affrontare la crisi, senza tabù e reticenze, e sta tuttora tentando di individuare un sistema di regole in grado di fronteggiare lo sviluppo, il progresso e le tutele,in modo da mettere al riparo il mondo del lavoro dagli effetti nefasti della globalizzazione.
Ma, al di là dei vari dati statistici sfornati da istituti di ricerca ufficiali e non, una calamità quotidiana ha pesantemente influito sulla preoccupante fase congiunturale: il calo dei consumi.
Una nuova battuta d’arresto, quindi, per l’economia che rappresenta lo stato di difficoltà in cui si trovano a vivere le famiglie: i redditi non sono più sufficienti ad arrivare a fine mese.
La perdita del potere d’acquisto è sotto gli occhi di tutti.
L’economia italiana è ferma.
L’ISTAT certifica che siamo alla crescita zero.
Il prodotto interno lordo, cioè la ricchezza del paese, non aumenta:
così è stato nell’ultimo trimestre del 2003 rispetto ai tre mesi precedenti.
Questo si aggiunge alle drammatiche cifre sui consumi, sul carovita, sul disagio dei lavoratori.
Questo non è vero solo per il Presidente del Consiglio.
E’ necessaria una politica degli investimenti.
Il Paese può competere solo attraverso l’innovazione, l’introduzione di nuova tecnologia, la ricerca, la capacità di elaborare nuovi prodotti e nuovi servizi.
Occorre creare un nuovo modello di relazioni industriali, economiche e sociali che possa rappresentare tutti quei lavoratori in Italia, in Europa, nel mondo.
La Uilm, tramite la sua partecipazione agli organismi internazionali della Fem e della Fism deve dare il suo contributo in termini di proposta.
In particolar modo siamo favorevoli, anche per le trasformazioni in atto, affinché l’attività della Fem sia rafforzata e sviluppata per avere un sindacato metalmeccanico europeo protagonista, capace di realizzare la partecipazione diretta dei lavoratori alle scelte delle imprese.
I Comitati Aziendali Europei sono stati considerati, sin dall’entrata in vigore della Direttiva europea, come lo strumento essenziale ai fini della creazione di relazioni industriali transnazionali, dove si poteva esercitare il diritto sindacale definito dall’Istituzione europea.
La si può quindi considerare un’esperienza straordinaria quella dei comitati aziendali europei, che ha coinvolto all’incirca 650 imprese in Europa, che rappresentano solamente un terzo del totale delle aziende o gruppi coinvolti dal campo di applicazione della direttiva comunitaria.
Il percorso realizzato finora dai CAE nelle grandi multinazionali è stato sicuramente importante per i delegati che hanno potuto stabilire assieme ai colleghi europei della stessa azienda modelli di solidarietà e di confronto per i lavoratori.
Ma a distanza di otto anni, dall’entrata in vigore della direttiva, il giudizio è decisamente negativo per ciò che riguarda la scarsa qualità dell’informazione e la carenza, se non l’assenza, di consultazione.
Nonostante l’ostilità delle aziende, il compito dei CAE è stato fino ad oggi difficile ed arduo, ma non si sono mai rassegnati a non esercitare il proprio ruolo.
Al contrario, negli incontri con le Direzioni in sedi internazionali, ha sempre fatto pressioni con le aziende per migliorare il problema linguistico, per fare la prevista formazione transnazionale e per operare con spirito partecipativo nei processi di cambiamento economico, sociale ed ambientale, che le aziende multinazionali stanno subendo.
Dobbiamo però continuare a credere alla funzionalità e all’importanza dei CAE, al coinvolgimento delle donne, ad alzare il livello di discussione, visto il grande eco che ha ottenuto con la partecipazione dei nostri delegati, non trascurando che un’adeguata ed urgente revisione della direttiva sia necessaria e che ci permetterebbe di fare quel salto di qualità che a tutt’oggi manca.
Questa nostra Conferenza d’Organizzazione si svolge in una situazione economica di difficile interpretazione:da un lato si registrano positivi segnali di ripresa delle economie industrializzate, in particolare negli Stati Uniti, che comunque hanno positivi riflessi anche sulle attività economiche europee,dall’altro l’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, la concorrenza delle produzioni dell’estremo Oriente e in particolare di quelle cinesi e la tendenza delle imprese a delocalizzare le produzioni in paesi a basso costo del lavoro, rischiano di bloccare sul nascere le possibilità di una ripresa produttiva dell’industria metalmeccanica italiana.
E’ probabile che questi fenomeni abbiano effetti differenti nei diversi comparti dell’industria metalmeccanica e che nei prossimi mesi si registrino contemporaneamente situazioni di sviluppo produttivo ed occupazionale e crisi aziendali localizzate, comunque drammatiche.
In questi giorni, proprio nella regione che ci ospita, l’Umbria, è in corso una vertenza occupazionale che, pur con le proprie specificità, trova le sue radici anche nelle dinamiche economiche mondiali sopraccitate.
Consentitemi di augurare ai lavoratori delle Acciaierie e alla Uilm di Terni di riuscire, con le loro lotte e con le loro ragioni, a scongiurare la chiusura delle attività “dell’acciaio magnetico” e di esprimere anche a nome vostro la solidarietà di tutti i metalmeccanici della Uil.
La vicenda del cinico comportamento della multinazionale tedesca verso lo stabilimento italiano dimostra come sia necessario riflettere sulla politica delle privatizzazioni nel Paese.
Il futuro dell’economia europea non dovrà essere esclusivamente affidato al libero mercato, ma dovrà realizzarsi un giusto equilibrio tra la volontà statale e quella dei privati.
Di fronte a queste prospettive occorre una politica economica che sappia supportare la ricerca e lo sviluppo, indirizzando le imprese verso quelle produzioni che per qualità, per innovazione di prodotto e di processo e, di conseguenza, per l’alto valore aggiunto che si realizza, possano garantire un futuro industriale a questo Paese.
Questa prospettiva va rilanciata.
Il Sindacato è in grado di fare la sua parte, implementando la politica consolidata delle relazioni industriali.
Per parte nostra, abbiamo già iniziato a contrattare quegli strumenti che possono aumentare le capacità e le competenze dei metalmeccanici e su questa strada intendiamo continuare:l’Ente bilaterale dei metalmeccanici dovrà in primo luogo offrire alle imprese e ai lavoratori le opportunità e le risorse per la formazione, anche in collaborazione con Fondimpresa, l’organismo bilaterale costituito da Uil, Cisl, Cgil e Confindustria.
C’è, tuttavia, un altro fenomeno economico a cui guardiamo con grande attenzione e la sua dinamica ci preoccupa:l’inflazione, che non solo pesa sui bilanci delle famiglie, ma inibisce i consumi, volano dello sviluppo economico.
E’ inspiegabile il fatto che a fronte dell’euro che si è sopravalutato di oltre il 50% rispetto al dollaro, e malgrado un aumento del greggio del 20%, la benzina non è diminuita.
Negli ultimi anni e a differenza da quello che è avvenuto negli anni ’90, tra l’inflazione programmata e quella effettivamente realizzata si è registrato un costante divario che rischia di penalizzare i lavoratori metalmeccanici.
I rinnovi contrattuali del 2001 e del 2003 dimostrano che l’inflazione programmata non è più un riferimento per la definizione degli aumenti contrattuali.
In entrambi gli accordi, infatti, si è trovato il modo per contenere il divario tra ciò che prescriveva l’inflazione programmata e l’inflazione effettivamente misurata, perché questo avrebbe penalizzato i lavoratori.
Ma da questa vicenda è possibile ricavare alcune indicazioni sulle modifiche da apportare al sistema contrattuale.
Questo significa che il concetto di inflazione programmata è ormai logoro e poco credibile, perché da obiettivo condiviso delle parti contraenti, si è ridotto nel tempo a semplice vincolo delle dinamiche retributive del lavoro dipendente.
Se a questo, poi, aggiungiamo che gran parte delle variabili monetarie non sono più nelle mani del Governo italiano e della Banca d’Italia, ma in quelle della BCE, emerge con chiarezza che è indispensabile che, a livello confederale, si individui un altro parametro di riferimento per la dinamica salariale.
Negli ultimi anni sono apparse più evidenti le differenze e le contraddizioni tra le organizzazioni sindacali confederali;apparse più evidenti nel momento in cui il quadro politico di riferimento è cambiato con le elezioni del 2001.
Il modello di sindacato degli anni ’90 che ha avuto un ruolo importante, che ha partecipato attivamente a scelte importanti per il nostro paese non era più, per la Cgil, il modello di riferimento.
La Uil, invece, ribadì, nei fatti, di essere il sindacato che si misura con chiunque per garantire, migliorare, estendere le tutele ai propri rappresentati, lavoratori e pensionati.
Non abbiamo condiviso la scelta di essere il sindacato che non si dà obiettivi concreti ma che modula la sua iniziativa sulla protesta e sulla mobilitazione per cercare di modificare la volontà dei cittadini nella scelta dei propri governanti.
Noi abbiamo fatto la scelta di essere il sindacato che con la partecipazione vuol essere coinvolto e determinante nelle scelte, per non subirle passivamente, evitando il confronto.
Lo abbiamo fatto in tutti i momenti importanti:
per difendere l’art.18 dall’attacco del governo e della Confindustria; nel fare il Patto per l’Italia, anche se tuttora inapplicato;
nel difendere il sistema previdenziale;
nel rinnovare i contratti.
Certo, non siamo d’accordo con alcune scelte del governo italiano: annullare la concertazione;
di aver fatto saltare la politica dei redditi;
di non fare una politica di programmazione per lo sviluppo;
di non effettuare una politica di controllo e di governo dei prezzi e delle tariffe, in particolar modo nel momento in cui è stato introdotto l’Euro;di non rispettare i patti sottoscritti con le organizzazioni sindacali;di non produrre risultati sulla riforma dello stato sociale, mettendo costantemente in discussione il sistema previdenziale, senza eliminare le differenze e le iniquità, mantenendo una parte di costi assistenziali a carico del sistema previdenziale.
Anche per questo abbiamo condiviso con la Uil la scelta di effettuare, a due anni dall’ultimo congresso, la Conferenza di organizzazione per verificare anche sotto l’aspetto organizzativo l’esito delle scelte che abbiamo fatto e quelle che dovremo fare.
Se da un verso riteniamo che l’accordo sottoscritto tra le parti sociali il 23 luglio del 1993 ha realizzato gli obiettivi che erano:contenere l’inflazione (per rispettare i canoni previsti per l’accesso in Europa);realizzare una politica salariale più equa tra i vari comparti;evitare quindi una rincorsa tra l’inflazione e il recupero salariale;al tempo stesso abbiamo riscontato alcune anomalie che ci portano a sostenere che è ora di mettere mano a quell’accordo per renderlo più corrispondente alla fase odierna mantenendone i capisaldi.
Riteniamo che si possa modificare la cadenza dell’attuale sistema contrattuale, unificando parte normativa ed economica nel triennio.
Si deve ricercare una soluzione per rendere esigibile la contrattazione di secondo livello per tutti, anche tramite la contrattazione territoriale, a tutela di quanti ne rimangono esclusi.
Il contratto nazionale deve essere lo strumento che garantisce la tutela del potere d’acquisto dei salari in modo equo e solidale;la contrattazione di secondo livello deve ridistribuire la produttività e la redditività nelle aziende nel modo più capillare possibile.
La Uilm riafferma l’importanza del contratto nazionale quale strumento per garantire a tutti i lavoratori, la tutela del potere d’acquisto dei salari e dei diritti.
Ed è per salvare il contratto nazionale e per salvaguardare quel potere d’acquisto che la Uilm, insieme alla Fim, ha sottoscritto i rinnovi contrattuali del 2001 e del 2003 con risultati apprezzati e condivisi dai lavoratori in coerenza con quanto contrattato unitariamente da altre categorie.
Il rinnovo contrattuale è ormai una vicenda conclusa e nelle prossime settimane sarà distribuito il testo del Ccnl a tutti i lavoratori metalmeccanici e tra qualche mese dovremo iniziare a discutere la nuova piattaforma del biennio economico che scade a fine di quest’anno.
In questo rinnovo prenderemo come riferimento l’inflazione reale.
Se il contratto nazionale è l’elemento che tutela l’equità, la contrattazione di secondo livello è il momento della specificità.
Oggi il mondo metalmeccanico è molto più articolato al suo interno rispetto al passato: le differenze sono dovute alle caratteristiche produttive, ma anche alle scelte organizzative e di mercato delle singole imprese.
Da questo punto di vista la contrattazione aziendale è per la Uilm il migliore strumento per dare risposte alle esigenze dei lavoratori e della produzione, ma anche lo strumento con il quale i lavoratori possono partecipare allo sviluppo dell’impresa.
In questi dieci anni abbiamo riscontrato delle difficoltà nell’estendere la contrattazione aziendale.
L’origine delle difficoltà sta proprio nella frammentazione del mondo produttivo che ha coinvolto sempre meno lavoratori nei benefici della contrattazione in questione.
Per questo dobbiamo sperimentare con determinazione la possibilità di una contrattazione di secondo livello su base territoriale che non costituisca, però, un livello di contrattazione aggiuntivo.
Da questo punto di vista riteniamo che la contrattazione debba saper cogliere le specificità e pertanto non pensiamo ad uno schema contrattuale rigido,ma un modello che sappia trovare l’adeguato equilibrio tra ambito territoriale e/o distretto industriale.
Nel riaffermare, quindi, la volontà della Uilm di accelerare i tempi per il rinnovo della contrattazione di secondo livello, invitiamo sia la Fim sia la Fiom a trovare un’iniziativa comune rivolta a dare risposte concrete ai lavoratori.
Questa iniziativa dovrà essere incentrata sul tema del salario e sulla efficace ridistribuzione della produttività e redditività.
Inoltre, dovrà essere affrontato anche il tema della flessibilità, in modo che il Sindacato possa esercitare sviluppo e controllo sull’occupazione.
Insomma, nonostante le difficoltà di rapporto tra le Organizzazioni sindacali, la Uilm propone a Fim e Fiom di fare insieme la contrattazione di secondo livello.
La stagione dei precontratti della Fiom che si prefiggeva di sostituire il Ccnl è finita!
Si è trattata di un’azione scellerata sia sotto l’aspetto politico che contrattuale, di fatto, rivolta contro di noi e contro l’interesse dei lavoratori.
Per quanto riguarda le possibilità di un percorso comune su una piattaforma contrattuale unitaria, la Uilm ritiene che si possa rafforzare la fiducia dei lavoratori mediante un loro coinvolgimento, siano essi iscritti, o non iscritti.
Si possono prevedere:il referendum per l’approvazione delle piattaforme;la consultazione sulle iniziative di lotta e su un eventuale mandato a concludere deciso dalle Rsu congiuntamente alle OO.SS..
Avendo coinvolto i lavoratori non iscritti, prima del voto gli stessi dovranno sottoscrivere la delega per la quota di servizio.
Ribadiamo, inoltre la legittimità della presentazione delle piattaforme da parte delle Rsu congiuntamente alle organizzazioni sindacali, e del potere decisionale alle Rsu con il principio del voto a maggioranza nello spirito di un accordo condiviso e mai messo in discussione da parte di nessuna organizzazione.
Si riscontra sempre più la tendenza a sostenere che un accordo non può avere corso e legittimità se non è votato da tutti i lavoratori a cui si applica.
Noi non siamo d’accordo perché la legittimità a rappresentare i lavoratori e a sottoscrivere accordi ci deriva dal fatto di avere iscritti e per questa ragione possiamo sederci al tavolo delle trattative.
Certamente siamo convinti che un accordo sottoscritto è applicato a tutti i lavoratori dell’azienda o del settore merceologico ma allora occorre individuare una soluzione che permetta di coinvolgere tutti i lavoratori senza ridurre nella sostanza i diritti degli iscritti ad essere rappresentati e tutelati,poiché sono loro che ci permettono di svolgere la nostra attività e quindi di stipulare i contratti.
Confermiamo la nostra disponibilità a discutere con Fim e Fiom su alcune norme che riguardano i meccanismi elettivi delle Rsu, la gestione delle ore di assemblea, le risorse per l’agibilità sindacale (monte ore).
La quota di 1/3, che comunque dovrà essere riservato alle organizzazioni sindacali firmatarie di contratto, potrebbe avere una ripartizione non più paritaria a patto di garantire la presenza di una rappresentanza degli iscritti alle singole organizzazioni e che eviti di realizzare un “premio di maggioranza” insito nella ripartizione dei voti su due bacini.
La quota di 1/3, infatti, rappresenta un elemento fondamentale della democrazia delegata ed è connesso alla natura di “libera associazione” delle organizzazioni sindacali.
Infine, riteniamo indispensabile, per la credibilità stessa del confronto in corso tra le organizzazioni sindacali e delle decisioni che ne scaturiranno individuare un tempo definito per il confronto, durante il quale si applichino le regole attualmente vigenti e che sia assunto dalle organizzazioni sindacali un impegno per garantire l’effettiva applicazione delle eventuali nuove regole su tutto il territorio nazionale.
Per quanto riguarda le decisioni per il contratto nazionale la Uilm crede che il modello adottato dalle categorie del pubblico impiego possa essere utilizzato, con i dovuti aggiustamenti, anche dal settore privato.
Se esiste la volontà di ricercare una via comune si potrebbero superare i problemi derivanti dalla certificazione degli iscritti e dei dati elettivi,come quello delle elezioni delle aziende non sindacalizzate.
Comunque la Uilm non rinuncerà a confrontarsi con la Fim e la Fiom per ricercare una soluzione che permetta, anche in presenza di opinioni diverse, di svolgere il ruolo storico delle organizzazioni sindacali che è quello rinnovare i contratti.
Le recenti innovazioni legislative su molte materie di interesse sindacale come quelle riguardanti i contratti a termine, l’orario di lavoro, le riforme del mercato del lavoro, trovano alcune ragioni nei vincoli che l’Unione europea sta ponendo a tutti i Paesi membri, ma in particolare ai nuovi paesi, che spesso hanno tutele sociali molto al di sotto degli standard dell’Europa occidentale.
Nel recepimento di queste norme da parte del legislatore italiano, vi sono sicuramente state alcune forzature e tentativi di ridurre i diritti del sindacato e dei lavoratori, ma molto più spesso si sono trasposte in un ordinamento peculiare, quale quello del diritto del lavoro italiano, norme a esso estranee per logica ed effetti.
Siamo di fronte ad un’ampia ridefinizione delle regole del gioco che non può essere semplicemente respinta.
Occorre invece approfondire lo studio di queste norme, richiedendone l’applicazione nei modi più favorevoli ai lavoratori con l’attività di contrattazione e anche con quella vertenziale.
Si tratta di far valere le interpretazioni favorevoli ai lavoratori e ovviamente di modificare per via contrattuale, o attraverso pressioni sul legislatore gli aspetti negativi di queste normative.
La chiusura del contratto nazionale sull’orario di lavoro, realizzata lo scorso 22 gennaio dimostra concretamente che il ruolo contrattuale del Sindacato è importante per la tutela dei diritti dei lavoratori e per la riduzione del loro stato di precarietà.
L’intesa tra le parti sull’orario di lavoro dimostra in che modo il sindacato deve svolgere il proprio ruolo rispetto alle nuove legislazioni.
In questo senso non condividiamo la scelta di chi ritiene che le leggi dello Stato vadano ignorate, lasciando nella precarietà e nell’incertezza proprio i lavoratori.
La strada da seguire è quella dei recenti accordi: all’ILVA di Fim,Fiom.e Uilm e di Cgil,Cisl e Uil transitorio sui contratti di inserimento.
Sono gli stessi mutamenti intervenuti sul mercato del lavoro ad imporci la ricerca di soluzioni, anche di natura organizzativa, per una migliore tutela del precariato.
Come più volte si è detto, è necessario ricercare con il CPO una soluzione in merito alla rappresentanza dei lavoratori, con contratto di somministrazione, sia singoli che collettivi, come previsti dalla legge 30.
Dobbiamo individuare chi ha il compito di seguirli,di garantire loro i servizi,chi deve dare risposte contrattuali;per poter, infine, determinare il metodo per la ripartizione delle deleghe.
Per tutte le altre forme di lavoro esistenti o innovative della legge 30 riteniamo che la costituzione dell’Ente bilaterale che sarà realizzata entro il mese di settembre 2004, come previsto dall’accordo del 7 maggio 2003, possa diventare lo strumento che garantisca oltre i lavoratori stabili, anche i lavoratori con contratti precari,offrendo tutte le opportunità di formazione individuale e collettiva che determinino le condizioni per una crescita professionale e per una riqualificazione con l’obiettivo di favorire una collocazione stabile nel mondo del lavoro.
Inoltre, per quanto ci riguarda, l’ente bilaterale in una prospettiva futura deve essere uno strumento idoneo anche per il proselitismo,
per garantire tutele e servizi,non escludendo la possibilità di essere vettore di incontro tra la domanda e l’offerta del mercato del lavoro.
La funzionalità dell’ente avrà la sua piena attuazione nel momento in cui si realizzeranno le condizioni di massima espansione territoriale per dare concretezza e risposte vicino ai luoghi di lavoro.
Con la Uil dovremo cercare di trovare delle soluzioni che portino ad un collegamento con gli enti bilaterali confederali, senza considerare l’ente bilaterale dei metalmeccanici in competizione agli altri.
Noi abbiamo l’obbligo di esigere la corretta applicazione delle norme, senza che queste determinino abusi, dando la possibilità attraverso la contrattazione, di una qualificata offerta formativa che tenda alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro.
Nella gestione del contratto, siglato nel 2003, ci dovremo porre la questione dei lavoratori con contratto a termine, trovare soluzioni per la copertura previdenziale dei periodi di non lavoro, l’accesso al credito bancario ed altre forme di tutela.
Dobbiamo, inoltre, favorire l’estensione dell’accesso al part-time, anche in un settore un po’ ostile come quello metalmeccanico, favorendo in alcuni casi la conciliazione dei problemi economici con la vita familiare.
Mentre, per quanto riguarda la modifica dell’inquadramento professionale, la Uilm ritiene che, tramite la realizzazione di un nuovo metodo di classificazione, si possano dare quelle risposte alle aspettative dei lavoratori a cui non è riconosciuta la vera professionalità (polivalenza, polifunzionalità e prerogative di lavoro in gruppo).
Questo lavoro qualificherà ulteriormente il buon contratto sottoscritto da Fim e Uilm.
Per quanto riguarda gli aspetti più interni all’organizzazione la Uilm ha predisposto un programma formativo per far crescere in termini di qualità e di quantità le risorse umane a disposizione e di quelle che non ci stancheremo mai di ricercare tra i giovani e tra coloro che ritengono che possano dare il loro contributo per la crescita dell’organizzazione e per la tutela dei lavoratori.
Il programma si articola su tre livelli:
– livello di base per nuovi delegati;
– livello per quadri;
– livello per dirigenti.
Il livello per delegati porrà al centro dell’apprendimento la piena motivazione del ruolo di delegato dell’organizzazione con nozioni su normative contrattuali e busta paga; questi percorsi formativi saranno gestiti dalle strutture provinciali, a cui si affiancherà un coordinatore regionale per la formazione.
Il livello per quadri ripercorrerà le esperienze già fatte nelle precedenti tornate, finalizzate all’individuazione dei futuri segretari provinciali, a cui sulla base di cadenze quadrimestrali e della durata di una settimana, saranno impartite nozioni sulla comunicazione e sulle normative vigenti.
Il livello per dirigenti avrà il ruolo di aggiornare gli attuali segretari sui cambiamenti legislativi con cui ci si dovrà misurare nel prossimo futuro.
Oltre alla formazione, la Uilm, ritiene che la comunicazione, sia nella forma che nella sostanza debba essere una priorità assoluta per il proprio immediato futuro.
I lavoratori e le lavoratrici dovranno essere messi a conoscenza di tutte le informazioni necessarie in modo da farsi delle opinioni e, di conseguenza, poter effettuare delle scelte.
Quanto sopra detto diventa sempre più importante perché in questi ultimi tempi l’informazione che arriva nelle aziende è completamente distorta, falsa e bugiarda.
Questo avviene non per causa nostra, ma perché la Fiom utilizza la menzogna e la falsità per condizionare i lavoratori.
Questi atteggiamenti non sono più tollerabili, non solo per le offese gravi nei nostri confronti, ma anche perché la Uilm non può accettare e non lascerà, che si strumentalizzino i lavoratori in modo così violento.
Ecco perché la comunicazione diventa priorità:l’obiettivo è di creare un collegamento tra la struttura nazionale, i territori, gli iscritti, i lavoratori e viceversa.
Dunque, dopo la conclusione di questa conferenza, prepareremo un progetto che migliori il sistema attuale e che renda la comunicazione una cosa semplice, spontanea ed efficace.
Della decisione presa al congresso di Salsomaggiore, sulla costituzione dei coordinamenti regionali, non si è avuto un reale riscontro.
Per una politica di rilancio, noi dobbiamo passare attraverso un rafforzamento dei compiti già previsti dallo statuto e dall’istituzione del coordinatore regionale in tutto il territorio nazionale.
E’ indispensabile che si realizzino le condizioni di supporto per le piccole strutture,che fissino gli obiettivi del proselitismo,individuino, selezionino, stimolino i giovani prevedendo per loro dei corsi di formazione utili al ricambio ed al supporto ai territori.
Noi dobbiamo percorrere questa strada, non soffermarci alle prime difficoltà, e superare dapprima la reticenza psicologica, per poi individuare insieme i percorsi e le risorse necessarie.
Sulla questione dell’artigianato e dell’utilizzo delle risorse abbiamo sempre comunemente convenuto che non è stata un’esperienza positiva.
Non positiva per quanto riguarda il proselitismo;l’adesione ad Artifond;la presentazione delle piattaforme e le conclusioni contrattuali.
Certamente esiste un problema politico in quanto anche il contratto nazionale è scaduto da oltre tre anni, ma per quanto riguarda i primi due punti il problema è rappresentato dal modello di gestione.
Pertanto su questo è necessaria una analisi e una riflessione per modificare il modello esistente, che noi siamo disponibili a fare con la Uil sulla base della proposta contenuta nel suo documento, purché porti ad un progetto sperimentale che venga verificato sui risultati conseguiti.
Una conferenza organizzativa non può non fare una riflessione sull’andamento del proselitismo e del consenso:
il tesseramento ristagna soprattutto a causa delle difficoltà di coprire il turn-over molto alto nella nostra categoria.
Il mondo del lavoro nella fase di ricambio utilizza sempre con più frequenza forme contrattuali precarie che rendono difficile la sindacalizzazione.
Il proselitismo deve poter contare sui giovani con adeguati piani di sviluppo su base regionale che dovranno aiutare ad incrementare il tesseramento.
In molte realtà riscontriamo risultati elettorali di assoluto rilievo:le liste della Uilm s’impongono nelle elezioni delle Rsu.
Avviene dove la nostra presenza è storicamente radicata, ma anche in realtà dove la nostra tradizione non si è ancora consolidata.
L’obiettivo che ci dobbiamo porre è quello di trasformare il consenso elettorale in nuovi iscritti.
Per affrontare questo problema, è necessario convincere i nostri delegati che non può esserci un lavoratore in fabbrica al quale non si è chiesto di iscriversi alla Uilm.
Nello stesso tempo bisogna creare un rapporto tra delegato e lavoratore che consenta un confronto politico costante e continuo, che dia la possibilità di informarlo sulle nostre idee, sui nostri risultati.
Insomma, occorre determinare il coinvolgimento nella Uilm.
Altro aspetto importante legato al proselitismo è l’offerta di servizi adeguati ai lavoratori.
Prendiamo atto che con il passare degli anni si sono superate le difficoltà connaturate ai servizi innovativi e, quindi, c’è stato un notevole miglioramento per quanto riguarda l’efficienza e la capillarità in tutto il territorio.
Constatiamo, purtroppo, che il problema dell’onerosità si sta accentuando in maniera crescente.
I servizi devono funzionare, devono essere lo strumento anche per fare iscritti, non solo per far quadrare i bilanci.
E’ utile che la Uil nazionale dia una indicazione puntuale su come trovare il giusto equilibrio tra la qualità e l’economicità,
magari attraverso l’ausilio di equi contributi da parte dei lavoratori che possono permettere la copertura delle spese da sostenere.
L’ultima questione che volevo affrontare è quella del finanziamento della struttura nazionale e del costo del tesseramento.
Riteniamo necessario avviare un percorso di canalizzazione con ristorno automatico delle quote stabilite dagli organismi della Uil e della Uilm alla struttura nazionale.
Questo percorso dovrà trovare applicazione da gennaio 2005, preceduto da una sperimentazione in qualche territorio a partire da quest’anno.
In questi ultimi due anni abbiamo superato positivamente numerose difficoltà e il futuro che ci attende apre a questa organizzazione vasti spazi operativi che dovranno essere colmati da un’attenta azione sindacale.
La eserciteremo con responsabilità e determinazione.
Abbiamo deciso in questa conferenza di volerci liberare di tutte quelle resistenze al cambiamento che ancora potevano esserci e siamo pronti a fare la nostra parte.
Oggi è quanto ci sentiamo di esprimere.
Il Domani non ci spaventa, perché dà fiducia in noi stessi e nella nostra Organizzazione.
Il Domani è già qui.
Grazie e buon lavoro.
Trevi, 16 febbraio 2004