RASSEGNA Stampa Uilm Nazionale
Il futuro dell’Ilva, « Non faremo la fine di Bagnoli»
Parla Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm: dalla “soluzione amianto” agli errori di Riva
CRONACA
Taranto domenica 22 ottobre 2017
Gli esuberi, i tagli agli stipendi, la perdita dei diritti acquisiti, gli interventi per il risanamento. Tante, troppe incognite sul futuro dello stabilimento siderurgico. Per evitare gli esuberi, il segretario della Uilm Rocco Palombella, ha una sua idea.
Segretario, ci vuole spiegare la sua proposta sui prepensionamenti?
Non parlerei di prepensionamenti. Io faccio un altro ragionamento: nello stabilimento di Taranto ci sono ancora materiali killer come l’amianto. Proprio per l’amianto furono riconosciuti i benefici fino al 1992. Da quella data in poi l’amianto è stato bandito, ma non del tutto smaltito. Così i benefici furono prorogati fino al 2003, con un beneficio di cinque anni per ogni dieci lavorati in esposizione all’amianto. Questa soluzione ha permesso anche un ricambio generazionale all’interno dello stabilimento. La mia proposta: quando saranno accertati esuberi (che, detto per inciso, per noi non ci sono) allora applichiamo i benefici per l’amianto invece che ricorrere alla cassa integrazione, che è più onerosa e contiene il rischio di essere tenuta in piedi fino al 2023.
Ma gli esuberi non dovrebbero essere utilizzati per le bonifiche?
Per le bonifiche servono società specializzate con lavoratori specializzati in quel settore. E, poi, che facciamo? I lavoratori dopo essere rimasti esposti per anni all’amianto li mandiamo ad esporsi ulteriormente per rimuovere i materiali pericolosi? Sarebbe un paradosso. Meglio mandarli in pensione e affidare le bonifiche ad altre società specializzate.
Si aspettava che saremmo arrivati ad una situazione di questo tipo?
Quando l’Ilva passò nelle mani di Riva pensai che fossimo davanti all’ultima riorganizzazione della siderurgia. Già quello fu un passaggio lacrime e sangue. Ora siamo messi addirittura peggio, perché neanche Riva azzerò i diritti acquisiti come vuole fare AmInvestCo. Purtroppo i governi hanno perso forza e sono le multinazionali a dettare le condizioni. L’intera siderurgia italiana rischia di passare nelle mani degli indiani. Ricordiamoci che oltre Arcelor Mittal per Taranto, c’è Jindal per Piombino. In Francia, come insegna la vicenda Fincantieri, hanno agito diversamente. Questo l’ho detto anche al ministro Calenda.
Perché il sistema industriale italiano è andato così in crisi?
Perché i governi hanno sottovalutato il sistema industriale, nonostante il nostro sia un paese manifatturiero. Ora si cerca di recuperare, ma è già tardi: i gruppi italiani non ci sono più e quelli presenti nelle cordate straniere hanno un ruolo molto marginale. Abbiamo perso la supremazia.
Ha citato Riva. Quale è stato l’errore dei Riva a Taranto?
Quello di essersi chiusi nel loro recinto. Per dormire avevano attrezzato persino una foresteria all’interno dello stabilimento. Non hanno ascoltato le istituzioni, non hanno ascoltato i sindacati, non hanno ascoltato la città. Hanno creduto che bastasse pagare gli stipendi per spadroneggiare. Avevano tutte le risorse per investire nell’ambiente e non lo hanno fatto. I Riva non erano interessati alla città.
Non crede che i sindacati siano stati troppo deboli nei confronti di Riva?
Riva interloquiva solo con i sindacati aziendali e questo ci ha indeboliti. Ma quella di Riva è stata una vittoria di Pirro.
Perché c’è una parte di città ostile ai lavoratori?
A Taranto si è sempre ragionato in termini di uno contro l’altro. A Torino, la città vuole bene alla Fiat, a Piombino il sindaco si incatenò per evitare la chiusura dell’altoforno. Purtroppo, la “chiusura” di Riva ha finito per isolare la fabbrica dal resto della città. Comunque, se è vero che esiste una parte della città ostile ai lavoratori, è anche vero che molta gente non ha questo atteggiamento. La maggior parte dei cittadini non vuole che l’Ilva chiuda, ma vuole uno stabilimento che dia lavoro senza nuocere alla salute.
Crede che questo obiettivo sia ancora raggiungibile?
Ce la faremo. Senza Ilva diciamo addio alle bonifiche e al risanamento ambientale. Lo stabilimento di Bagnoli fu sacrificato per Taranto. Sono passati trent’anni e Bagnoli è un cimitero e io non voglio che qui si faccia la fine di Bagnoli.
Ufficio Stampa Uilm
Roma, 24 ottobre 2017