l’Intervento di RoccoPalombella: “Tutti i passi per fare il contratto dei metalmeccanici” dal portale ‘Formiche.net’

RASSEGNA  STAMPA
Uilm Nazionale

Tutti i passi per fare il contratto dei metalmeccanici

 Rocco Palombella SPREAD

L’intervento di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm

Federmeccanica e Assistal ci hanno formulato una nuova proposta contrattuale per il rinnovo del Ccnl scaduto lo scorso 31 dicembre. Si tratta di un passo avanti, ma altri dovranno essere compiuti. La proposta di Federmeccanica, solo per citare alcuni punti, prevede di riconoscere a tutti i lavoratori un adeguamento dei minimi contrattuali legato al cosiddetto “decalage” dell’inflazione: recupero del cento per cento nel 2017, del 75 per cento nel 2018, del 50 per cento nel 2019 e rafforzamento del welfare aziendale. Parte integrante della proposta delle aziende il rafforzamento della previdenza complementare: riduzione del contributo minimo a carico del lavoratore (1,2 per cento), rafforzamento di quello a carico delle imprese (dall’1,6 al 2 per cento) che s’impegnerebbero così a versare al Fondo 91 euro in più l’anno per lavoratore.

La proposta degli imprenditori prevede anche il riconoscimento a carico delle imprese di un pacchetto detassato di “flexible benefits”, dal carrello della spesa ai buoni benzina, dalle spese scolastiche a quelle del trasporto per importi pari a 100 euro annui per tutti i lavoratori nel 2017, 150 euro nel 2018 e 200 euro nel 2019. In merito al tema della formazione esiste il riconoscimento del diritto soggettivo di 24 ore in un triennio, dal costo di circa 300 euro complessivi, e il superamento della disciplina delle 150 ore. Abbiamo, quindi, percepito un avanzamento nella nuova proposta contrattuale presentata da Federmeccanica e Assistal rispetto a quella precedente che aveva determinato il blocco del negoziato tra noi e loro per quasi sei mesi. In effetti,gli aumenti salariali riguardano l’intera platea dei lavoratori metalmeccanici, anziché una minoranza della stessa. Il problema che così come sono strutturati, ancora non permettono il pieno recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori stessi. Inoltre, oltre ad essere un problema di quantità, lo è soprattutto dal punto di vista del principio. Nelle riunioni, convocata per il mese di ottobre, presenteremo alla parte imprenditoriale le nostre controdeduzioni analitiche.

Ma siccome citavamo il tema della questione di principio, è bene ribadire quella che rimane la nostra impostazione di fondo. Il fatto che al centro del negoziato non ci sia più il tema del salario di garanzia, così come proposto da Federmeccanica-Assistal, è una novità degna di nota. Finora gli imprenditori metalmeccanici hanno tentato di realizzare una riforma contrattuale nella nostra categoria basata sull’eliminazione di fatto del primo livello contrattuale. Proprio loro hanno provato a stabilire un salario minimo per i vari livelli di inquadramento professionale su cui innestare, ogni anno, i potenziali aumenti determinati dall’indice Ipca, rispetto all’andamento dell’inflazione dell’anno precedente. I vari livelli di salario minimo andavano poi comparati con i salari reali di ogni singolo lavoratore. Si tratta di salari che si sarebbero potuti rivelare superiori ai minimi contrattuali in essere a causa di vari motivi, ovvero perché ai minimi contrattuali si possono essere aggiunti nel tempo aumenti derivanti da superminimi individuali e collettivi, premi di produzione, importi retributivi fissi e scatti di anzianità. Insomma, gli eventuali aumenti del salario nominale derivanti dall’andamento dell’indice Ipca sarebbero andati nelle tasche solo di quei lavoratori i cui salari di fatto risultassero inferiori ai nuovi minimi. Noi eravamo pure certi che il decentramento contrattuale ideato dalla controparte non sarebbe riuscito a far recuperare al 95 per cento dei lavoratori metalmeccanici l’inflazione registrata.

Ecco perché ci siamo battuti contro questa proposta, fino ad attuare 20 ore di sciopero in ambito nazionale, ed ecco molto probabilmente perché la medesima proposta non è più sul tavolo del confronto contrattuale. Rimaniamo, però, altresì convinti che il potere d’acquisto delle retribuzioni debba continuare ad essere tutelato attraverso il contratto nazionale, mediante incrementi salariali che coprano l’intera inflazione registrata. Vale la pena di ribadire questo concetto, soprattutto rispetto al negoziato contrattuale che si è riaperto nella sede di Confindustria. In quest’ottica il contratto nazionale assume ancor di più valore perché ha il compito di aumentare il valore reale delle retribuzioni facendo riferimento a parametri generali. Il secondo livello di contrattazione, invece, potrebbe espandersi rispetto ai livelli attuali, facendo leva sugli sgravi relativi al reddito di produttività e a tutte quelle voci aggiuntive relative al welfare aziendale non cumulabili al reddito imponibile. Lo abbiamo detto e scritto più volte: il Paese cresce se aumentano i consumi e gli investimenti.

Fare il contratto dei metalmeccanici è come impiegare risorse in un investimento strutturale che determina un effetto moltiplicatore positivo sull’economia, dato che la manifattura è un settore trainante della ricchezza nazionale e perché gli aumenti contrattuali ricadrebbero su una platea di lavoratori quantificabile in circa due milioni di addetti. Ciò non toglie che bisognerà fare investimenti privati e pubblici, nel digitale e nel manifatturiero come prevede il piano dell’industria 4.0 presentato dal governo e che poggerà sui contenuti previsti dalla prossima Legge di bilancio. Il costo del ritardo digitale dell’Italia vale circa 2 punti di pil e un totale di circa 700mila posti di lavoro in meno. L’Italia finora ha investito in questo campo solo il 4,7 per cento del pil, contro il 6,4 per cento della media europea. Praticamente 25 miliardi di mancati investimenti l’anno. Ecco perché è strategico investire sulle filiere e i distretti del digitale e sviluppando le infrastrutture, come la banda ultra larga. Gli investimenti pubblici possono far da traino a quelli privati attraverso una corretta politica industriale che fa scelte concrete di indirizzo, permettendo la crescita della produttività del lavoro, riducendo la pressione fiscale, combattendo la corruzione, favorendo l’innovazione, semplificando le norme amministrative. Il compito che ci spetta è fare il contratto. Il fatto che il negoziato dei metalmeccanici sia uscito dalle secche è un buon segnale. Ma gli industriali devono convincersi che non possono puntare a ridurre i costi, contraendo i salari che sono tra i più bassi in Europa.

Ecco perché proprio il Ccnl deve assicurare al primo livello un completo recupero inflattivo rivolto alla totalità dei lavoratori interessati. Ed il secondo livello va aiutato attraverso un’estensione e qualificazione della contrattazione aziendale. Solo così riusciremo a fare un buon contratto con Federmeccanica e Assistal. Dopo mesi si è realizzato un passo in avanti. In un tempo infinitamente più breve potremo essere in condizione di completare il percorso.

Ufficio Stampa Uilm
Roma, 4 ottobre 2016