“Metalmeccanici, ecco le vere divisioni tra Confindustria e sindacati” – da Formiche.net

RASSEGNA  STAMPA
Uilm Nazionale


Metalmeccanici, ecco le vere divisioni tra Confindustria e sindacati

 Antonello Di Mario 

Il punto di Antonello Di Mario

Pubblichiamo L’editoriale di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm, che sarà “on line” mercoledì 27 gennaio

Un mese di lavoro a delegazioni ristrette. Così sindacati ed imprenditori metalmeccanici tenteranno di dare una svolta alla trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di riferimento. Non ci si può nascondere dietro un dito. Non è un problema di partecipazione, o meno, alla discussione in atto che impedisce di trovare la quadra tra le parti. Anzi, è ormai noto a tutti che l’ostacolo principale della contrapposizione in atto si chiama salario.

Per esser più precisi, Federmeccanica ed Assistal dicono di volere un Ccnl che garantisca tutti i lavoratori attraverso un salario minimo di garanzia. Fim, Fiom e Uilm hanno il medesimo obiettivo, ma spiegano che la piattaforma della controparte restringe gli aumenti salariali al solo 5% dei lavoratori metalmeccanici, quelli cioè che sono sotto i minimi e sotto il recupero inflazionistico. La notizia, quindi, è che il negoziato in questione va avanti e che a fine febbraio si capirà meglio quale sarà il suo epilogo.

I sindacati metalmeccanici sostengono da tempo che il rinnovo del contratto di riferimento darebbe una vera e propria scossa non solo al settore industriale, ma anche alla crescita dell’economia nazionale. “Una scossa virtuosa – scrive Giovanni Valentini nel suo ultimo libro- insomma, per uscire finalmente dal letargo, reagire alla decadenza e risollevarsi. Lo stesso autore cita come riferimento “Un Paese in bilico”, il saggio di Alberto De Bernardi, in cui s’invoca la sostenibilità della crescita “per rimuovere dalle spalle delle giovani generazioni il peso schiacciante dei debiti lasciato loro da quelle dei padri”.

Certo, rinnovare il Ccnl metalmeccanico, può rivelarsi utile al sistema Paese, ma non esaustivo. E’ risaputo che l’Italia avrebbe, soprattutto, bisogno di investimenti pubblici e privati, rivolti al settore industriale ed a quello manifatturiero, in particolare. Il problema è che il Paese non ha tuttora una precisa politica industriale come dimostrano le centinaia di progetti del pacchetto italiano inviati a Bruxelles per accedere ai finanziamenti del Fondo per gli investimenti strategici. In questo senso, gli stessi Stati generali dell’Industria, convocati dal Ministero dello Sviluppo per il prossimo 10 febbraio, rischiano di rivelarsi insufficienti a far chiarezza sia per il mondo delle imprese, che per quello dei lavoratori.

Basterebbe uno sforzo di memoria e prendere ad esempio quello che hanno fatto gli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta. Prima di tutto, l’ascolto di scienziati ed economisti per individuare le direttrici strategiche su cui concentrare l’azione del governo, al fine di riconquistare la leadership tecnologica Usa nel mondo, messa in discussione dal Giappone. Subito dopo, il rafforzamento e l’attuazione di programmi e progetti nel settore spaziale, ma anche di estese “partnership” tra governo, industrie ed università al fine di sviluppare studi altamente tecnologici ed innovativi. Nel 1994 gli Usa riconquistarono la vetta industriale nel mondo,rappresentata dal primato nel mercato dei semiconduttori, relegando il Giappone a quote marginali.

All’economia italiana servirebbe una scossa di questo genere. Ed in questo scatto di dignità e di orgoglio nazionale, anche i metalmeccanici saprebbero farsi onore.

Antonello Di Mario

Direttore di “Fabbrica Società”

Ufficio Stampa Uilm
Roma, 26 gennaio 2016