RASSEGNA STAMPA
Uilm Nazionale
Metalmeccanici, come rinnovare il contratto
L’intervento di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm
Federmeccanica ed Assistal devono rivedere la posizione che ci hanno esposto in Confindustria lo scorso 4 dicembre. Altrimenti la trattativa per il rinnovo contrattuale rischia di bloccarsi. Non possiamo dissimulare il disagio con dichiarazioni convenzionali. Le posizioni sindacali con quella degli imprenditori metalmeccanici risultano, allo stato dei fatti, inconciliabili. Il punto dolente della vertenza si identifica nella proposta della parte datoriale, perché ci è stato chiesto di definire un salario minimo di garanzia con la previsione di aumenti, di fatto, solo per il 5 per cento degli addetti della categoria. E poi, le enunciazioni di principio ascoltate che non collimano con le disponibilità presentate al tavolo. Federmeccanica ed Assistal che continuano a dichiarare di volere un contratto di rinnovamento, ma non pongono le premesse, perché si realizzi il rinnovo contrattuale.
Gli imprenditori del settore che “paternamente” sostengono di non volere indietro quei 75 euro in più ,pagati nel vecchio contratto triennale per lo scarto in negativo tra inflazione prevista e quella reale, ma che fanno intendere come quella cifra debba essere considerata nella definizione di salario minimo di garanzia e che, quindi, concretamente inciderà quando l’aumento prenderà il via. Un interlocutore che al momento è bifronte e non solo su questo tema. I medesimi imprenditori dicono di volere il contratto nazionale, ma subito dopo precisano che lo stesso deve rimanere nella sua funzione strategica di garanzia,perché i salari devono essere aumentati ma solo dove si produce ricchezza e dopo che la si è prodotta. Insomma, il loro rinnovamento contrattuale non coincide con il nostro, perché per rinnovare un contratto nazionale non si può destrutturarlo, annullandone funzioni ed effetti normativi e retributivi.
Se le cose stanno così, è bene non nascondersi dietro un dito. Almeno da parte nostra. Noi crediamo nello schema di rinnovo classico del contratto nazionale. E non è un’eresia confermarlo proprio ora che altre categorie hanno proceduto secondo questo schema, portando a casa importanti benefici dal punto di vista economico e normativo. Il riferimento è al settore chimico-farmaceutico e a quello del cemento, ma fin d’ora possiamo anticipare che altri rinnovi contrattuali seguiranno a quelli sottoscritti. Tutti hanno mantenuto il primo e il secondo livello, cioè il contratto nazionale e quello legato agli obiettivi aziendali. Non si capisce perché anche i metalmeccanici non debbano seguire questa tendenza. Lo schema classico per noi significa rinnovare un contratto che mantenga i due livelli contrattuali, che stabilisca un salario minimo per tutti i lavoratori, che definisca la possibilità di poter rinnovare i contratti di secondo livello. Bisogna farlo con le regole esistenti, perché si intravedono spazi e tempi accettabili nella riforma contrattuale che le parti confederali stanno tentando di determinare.
Le trattative tra sindacati confederali e Confindustria potrebbero protrarsi un po’ più del dovuto per trovare un punto di intesa e, dalla parte del governo, è probabile che lascino fare. Data la particolare situazione economica, pare che l’esecutivo voglia evitare “bracci di ferro” con le parti sociali, evitando di accelerare, per esempio, sull’imposizione per legge del salario minimo legale. Se così fosse, questo significa uno spazio per le parti sociali che non va assolutamente sprecato. E’ importante l’anima unificante della proposta di riforma contrattuale da parte sindacale: il doppio livello di contrattazione, nazionale e decentrato (aziendale, territoriale). Il primo livello dedicato all’incremento del potere d’acquisto delle retribuzioni. Il secondo livello diffuso e concentrato sulla redistribuzione della produttività. Si tratta proprio dello schema classico con cui vorremmo rinnovare il nostro contratto, garantito dalle regole precedenti su cui finora abbiamo rinnovato i contratti nazionali dei metalmeccanici. In quest’ottica il contratto nazionale assume ancor di più valore perché ha il compito di aumentare il valore reale delle retribuzioni facendo riferimento a parametri generali.
Il secondo livello di contrattazione, invece, potrebbe espandersi rispetto ai livelli attuali, facendo leva sugli sgravi relativi al reddito di produttività e a tutte quelle voci aggiuntive relative al welfare aziendale non cumulabili al reddito imponibile. In questo senso esiste già più di qualche riscontro negli emendamenti approvati nella Legge di Stabilità, il cui testo è tuttora “in itinere” tra Camera e Senato. Se questo è il quadro che abbiamo davanti, appare ancor più surreale la proposta formulata da Federmeccanica ed Assistal in merito al salario minimo di garanzia. E’ evidente che i minimi salariali fissati dal prossimo contratto, secondo la concezione degli imprenditori metalmeccanici, non determinerebbero degli aumenti del salario nominale che andrebbero ad irrobustire i minimi derivanti, per tutti i metalmeccanici, dal contratto precedente. Al contrario, i nuovi minimi di garanzia determinerebbero aumenti salariali solo per quei lavoratori la cui retribuzione di fatto, tolti gli eventuali elementi variabili, risultasse inferiore ai nuovi minimi.
Il 22 dicembre in Confindustria ed anche negli incontri informali che precederanno questa data, diremo chiaro e tondo a Federmeccanica ed Assistal di fare marcia indietro sul punto contestato. Siamo davvero preoccupati. Mentre il mondo corre veloce, noi rischiamo di rimaner fermi su un punto che sia i sindacati confederali che Confindustria tendono a superare. Proprio non si può! Soprattutto nel rispetto dei due milioni di addetti del nostro settore che attendono il rinnovo del Ccnl. Noi vogliamo farlo. I lavoratori metalmeccanici hanno già subito i disagi della crisi economica. Sarebbe incomprensibile punirli una seconda volta anche frustrando ogni ipotesi di crescita retributiva. Il Paese per alzare la testa ha bisogno di iniezioni di fiducia che rafforzino investimenti e consumi.
Il rinnovo contrattuale può volgere in questo senso, ma deve essere premiante e non punitivo nei confronti di chi lavora. Solo così può dare un contributo alla ripresa nazionale.
*Segretario generale della Uilm
Ufficio Stampa Uilm
Roma, 10 dicembre 2015